La comunione

La categoria “comunione”, sebbene ancora non molto conosciuta, va guadagnando terreno ed emergendo come un concetto molto ricco e con molte valenze.

Essa è ovviamente anzitutto categoria che trova largo uso e cittadinanza nell’ambito della spiritualità e della teologia, anzi, della mistica cristiana. In questo senso si può asserire che la comunione trova la sua fonte generatrice nella comunione di vita di Dio stesso, nel suo essere Trinità, comunione d’amore tra Persone.

L’insigne filosofo e teologo Klaus Hemmerle, sottolinea e spiega questo rapporto, questa relazione tra la divinità e l’umanità: “Il nostro essere personale è assunto nella comunione di vita e di amore, tra Padre, Figlio e Spirito; ma con ciò io e soltanto io non posso più rappresentare il punto di partenza e il punto finale del mio essere, ma posso vivere l’esistenza trinitaria soltanto nella reciprocità del “noi”, che tuttavia non dissolve l’io e il tu, ma li costituisce”[9].

Ma la categoria comunione ricorre anche fuori del contesto religioso. In questo senso, direi, laico, comunione significa unione intima, vivente unità che tende a realizzarsi nella fusione delle anime, nella perfetta convergenza degli intenti, nel compimento di un processo di unificazione.

Per fare solo un esempio il laicissimo filosofo Jean Paul Sartre parla del “gruppo in fusione”, là dove avviene una esperienza di uomini che lottano per comuni rivendicazioni e non per interessi di parte. In questa lotta, secondo il filosofo francese, nasce una fraternità nuova e assoluta, il gruppo entra in fusione e il singolo assume il punto di vista stesso del gruppo [10].

Mi sembra evidente che, anche non considerando il fondamento spirituale – ma anche considerandolo –, la convivenza sociale relazionale si compie pienamente nella comunione.

Reciprocità, dono, comunione sono solo alcuni elementi che possono esprimere una serie di dinamiche correlate che arricchiscono, danno unicità e ulteriore senso alla relazione stessa.

Sono ben consapevole di aver lasciato aperta una domanda molto importante: queste dinamiche e questi valori si addicono anche ai rapporti istituzionali, o rimangono nell’ambito delle relazioni interpersonali, faccia a faccia, amicali?

Paul Ricoeur non vede l’istituzione come un impedimento alla realizzazione e al compimento delle relazioni interpersonali, ma, al contrario le pone come uno degli elementi costitutivi per la nascita delle relazioni in una società fortemente strutturata e istituzionalizzata.

E’ una sfida, ma anche un compito, una provocazione, ma anche un obiettivo se ci si vuole impegnare per la maturazione delle persone anche in una società complessa e globalizzata.

 

Vera Araújo

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