Narrazioni

Sarò QualcunoSono tornata a casa ieri sera. Questa notte ho dormito in salotto, sul divano. Ho chiuso la porta a chiave, per impedire a mia nonna di entrare. Ma non è facile dormire in quella stanza, sembra di essere accampati, furtivi, a casa propria. Nonna è peggiorata. La sua malattia sta stravolgendo la quotidianità della mia famiglia. Non dorme, se la fa sotto, nasconde gli oggetti, accusa babbo e mamma di averle rubato i soldi, ogni giorno alle 14.30 scende in cucina, vestita di tutto punto e chiede a babbo di accompagnarla a casa sua.Oggi ho aiutato mamma a lavarla, costringendola, quasi con la forza, ad entrare nella doccia. È estate, fuori, il sole chiama il mare. Ed è qui che sono, a cercare un po' di pace. Ma non ci riesco. Qualcosa mi urla dentro.

Dio è Amore anche nella malattia?La testimonianza, raccontata ai 12.000 giovani radunati al Genfest 2012 a Budapest, di un giovane cristiano egiziano. Credere all’amore di Dio anche quando il dolore bussa forte nella sua famiglia e nella sua vita.Mi chiamo Magued e sono cresciuto in una famiglia cristiana. Quando avevo tre anni, a mia mamma è stata diagnosticata la Sclerosi Multipla. Questa malattia, continuando ad evolversi, l’ha resa paralizzata e non vedente. Insieme al babbo, a mio fratello e a mia sorella, ho imparato ad aiutarla. Sognavo, però, ...

 un’azione comunitariaStoria di un medico, specialista in salute pubblica a S. Paulo, e del suo lavoro in favore dei meno abbienti

Da 15 anni sono dipendente comunale presso il comune di Vargem Grande Paulista, vicino a S. Paolo.  Dal 2002 al 2004 sono stata direttrice tecnica e assessore municipale della Sanità. In quel periodo ho potuto conoscere meglio il Movimento dei Focolari e lavorare insieme in un programma per la salute della famiglia; abbiamo così costruito un centro sanitario in un quartiere chiamato Jardim Margarida, vicino al Centro Mariapoli nella Cittadella del Movimento dei focolari. Abbiamo un obiettivo comune: lavorare per tutta la comunità senza discriminazioni.

Se mio figlio mostra come si amaHa commosso tutti domenica questo abbraccio di Papa Francesco a un bambino affetto da paralisi cerebrale, cercato tra la folla in piazza San Pietro. Dominic si chiama quel bambino. E ieri suo padre - che si chiama Paul Gondreau, ed è un docente di teologia statunitense - ha proposto una riflessione sull'abbraccio tra il Papa e suo figlio pubblicata sul sito Catholic Moral Theology. La proponiamo qui in una nostra traduzione dall'inglese.

Una luce nella malattia«Quando circa 4 anni fa, a Fernando era stata diagnosticata la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), un brivido aveva attraversato tutta la mia persona – racconta Maria -. Ero sgomenta e piena di paura. Lui intuendo il mio stato d’animo, mi ha sussurrato: “Io sono pronto, vedrai che Dio ci darà la grazia per questo momento prezioso”. Mi sono sentita rinascere: anch’io voglio aderire al disegno d’amore che Dio ha preparato per noi. Così iniziamo quest’avventura.

La dimensione più veraHo molti pazienti anziani e spesso mi capita che qualche anziano ammalato mi chieda titubante se sono disponibile ad accettarlo come paziente, magari perché non accettato da altri medici. È vero che ogni volta mi viene la tentazione di non prendermi carico di situazioni che so in partenza significare frequenti visite domiciliari, accertamenti e ricette in più, ma ogni volta mi rendo conto che sono proprio loro, quelli che più mi costano perché irrimediabilmente ammalati, che mi danno la dimensione più vera del mio essere medico, che ha la sua radice nella possibilità di condividere ogni giorno l’esperienza più vera e profonda dell’uomo: il dolore. 

CongoUn medico congolese racconta come affronta la sfida quotidiana della lotta contro l’AIDS, mettendo i malati al centro. Il suo contributo alla costruzione di una società migliore.
«Sono medico, specialista in malattie infettive, e sono in contatto con i pazienti sieropositivi e malati di AIDS da circa 30 anni. Sono il referente per questa patologia nell’ospedale dove lavoro a Kinshasa (Congo).

Pensami già grandeUn figlio amato, un figlio disabile che deve volare con le sue ali, per realizzarsi pienamente secondo i suoi desideri. L'esperienza di una mamma. Silvana si muove con leggerezza per casa e fa mille cose  con la laboriosità dell’ape e la delicatezza della farfalla. Èattenta a tutto e soprattutto a tutti coloro che incontra, per i quali ha sempre una parola di interessamento. Un occhio vigile all’orologio perché l’efficienza è per lei,  saper anche scandire il tempo. Ma non se ne cruccia e per questo a me sembra un pozzo di saggezza e di equilibrio tutto femminile. Sembra giovane ancora e solo quando si affianca al figliolo, allora hai la certezza che questi suoi anni siano portati proprio bene. Davide infatti è già un giovanottino della scuola media, più alto di lei, cresciuto in fretta, sembra un principe biondo. Fra una cosa e l’altra Silvana osserva limpidamente, senza pretese: «Sono contenta di Davide, ha imparato a fare da solo, sa studiare e ha capito che tutto dipende da lui e dalla sua buona volontà. Io ho fiducia nelle sue possibilità. Questa fiducia l’ho sempre avuta, anche quando molti intorno mi dicevano che non c’era da aspettarsi molto da un figlio disabile. E mi guardavano anche con un po’ di compassione». Silvana si ferma e sorride, poi continua. «E ho avuto ragione, Davide ha vinto molte battaglie, ha preso buoni voti ed è stato promosso anche quest’anno.

cosa_ho_veramente?Ogni giorno del mio lavoro di medico di famiglia riscopro con gioia quale importanza vitale abbia per me vivere la mia giornata lavorativa puntando a costruire rapporti veri con i miei pazienti. Me ne accorgo magari in quei giorni in cui, per stanchezza o preoccupazioni personali, mi ritrovo ad aver visitato tutto il giorno con approssimazione o distrazione e mi sento vuoto, ancor più stanco, e mi viene la noia per un lavoro che mi appare monotono, ripetitivo.

solidarietàEsperienza di un volontario dei Focolari, che lavora come medico ginecologo in un ospedale. Il suo operato a favore delle vittime dei disordini, a qualsiasi confessione appartengano, ha suscitato una rete di solidarietà tra i medici, un seme di pace.
«Quando sono scoppiate le manifestazioni e sono avvenute le prime sparatorie, hanno portato nel nostro ospedale tante persone ferite. La situazione era caotica e la gente aveva tanta rabbia. Mi sono messo subito a disposizione e nonostante il pericolo sono andato sul posto per curare i feriti passando posti di blocco di gente armata. Dentro di me avevo la sicurezza che non sono da solo,

La mente inquietaQuando la malattia mentale bussa improvvisa alla porta. Ero un marito poco presente a casa: il mio lavoro comportava assenze prolungate. Quando sono arrivati i figli, dopo qualche tempo mia moglie ha lasciato il lavoro. Tutto sembrava rasserenato e più gestibile, invece proprio allora cominciai a notare qualche cambiamento in lei: difficoltà di comunicazione, freddezza, peggioramento della nostra vita affettiva con un suo allontanamento da me. Finché pensai che il nostro destino fosse come quello di tante coppie che non hanno più niente da dirsi.

difficileDirsiPreparatiElena era una neonata di 4 giorni in condizioni ormai gravissime per le conseguenze di un fatto acuto imprevedibile.
Quando si è capito che non c’erano prospettive di miglioramento, per me è stato molto importante condividere con i genitori la decisione di non proseguire cure intensive che non avrebbero condotto a nulla e la necessità invece di somministrare una terapia antalgica efficace. I neonati sono infatti pazienti che non esprimono il dolore chiaramente, ma non possiamo dimenticare questo aspetto.
La sera in cui appariva ormai chiaro che Elena ci avrebbe lasciato, ho fatto un breve incontro con le infermiere di turno con me ed abbiamo deciso di attrezzare un angolo della Terapia Intensiva in modo da dare un po’ di privacy ai genitori che hanno scelto di esserle accanto fino alla fine.

India, come vivo la Regola d’OroDi fronte ai monsoni, al gelo, alla depressione o alla povertà, gesti concreti di condivisione, nella vita quotidiana raccontati da una dottoressa indù.
Mi chiamo Vijaya Bhatia, sono di religione indù e aderisco allo spirito del Movimento dei focolari dal 1988. Il contatto con Chiara Lubich mi ha aiutato a capire meglio la mia religione. Mi ha reso più generosa nel condividere pensieri, beni materiali e tutto quello che ho, ma con mia sorpresa quando do qualcosa, mi ritorna il centuplo. L’ho sperimentato molte volte.

Accogliere la malattia in famigliaDi fronte alla malattia o si decide di guardarla in faccia sapendo cogliere i segni di un percorso che sei chiamato a fare, o la scansi e non ne vuoi sentir parlare. Marisa e Francesco hanno preferito la prima via.

EtiopiaQuando sono partita per l’Etiopia, sapevo di tornare in un luogo dove ero
già stata e questo mi sembrava un grande vantaggio perché pensavo che mi
sarei ambientata in fretta ed avrei ripreso in un certo senso dal punto in
cui avevo lasciato 4 anni fa.

La nascita della clinica “Agape”, centro sanitario che aderisce all’Economia di Comunione divenuto punto di riferimento per la vita sociale e culturale della città
Io nella proposta dell’Economia di comunione ho intuito una potenzialità nuova, perché riguarda l’uomo nella sua integralità. Tutta l’attività economica e produttiva deve essere orientata al “dare”, un dare che coinvolge i rapporti con le persone.

Scene dall’AfricaCarlo è medico in un dispensario a Man, una città di 100.000 abitanti in Costa d’Avorio, Africa Occidentale. Il dispensario fa ciò che il non lontano ospedale non può fare: accoglie a un costo simbolico tutti i tipi di malati (salvo i feriti gravi).Carlo visita 50-60 persone al giorno. Ha raggiunto, in questi anni di lavoro con la sua équipe, il traguardo dei 10.000 pazienti.

lettera al personale assistenziale dell' Ospedale dove è stato ricoverato, nell'ultimo periodo della sua vita

Egregi Signori,
ho avuto occasione di essere ospite della Vostra struttura per una neoplasia polmonare in stato avanzato.
Da venticinque anni la mia professione (lavoro per una società che commercializza  prodotti per laboratorio di analisi) mi ha costantemente portato a contatto con la sanità italiana, sperimentandone giorno dopo giorno il lento e costante declino sotto molteplici aspetti.Inefficienza, degrado, opportunismo, qualunquismo, superficialità, arroganza, arrivismo sono solo alcuni degli aggettivi che mi sento di utilizzare per descrivere quanto ho vissuto in questi anni ogni qualvolta ho messo piede in un laboratorio pubblico o ho avuto a che fare con l’amministrazione ospedaliera.

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