L’utilizzo del Dna nella criminologiaIl presunto assassino della giovanissima Yara Gambirasio è stato scoperto grazie a degli esami genetici che ne hanno reso univoca l'identificazione. Come è accaduto? Il parere del medico.

Il Dna, molecola nota per la sua caratteristica struttura a doppia elica, è presente in copia identica in tutte le cellule di ogni essere vivente ed ha la capacità di immagazzinare le informazioni necessarie alla sintesi delle proteine che compongono il suo intero organismo.

 

Nelle specie viventi la struttura fisica di ogni individuo è riconducibile alla somma dei suoi geni, frammenti di DNA che contengono il "programma" per lo sviluppo di una singola caratteristica (come il gruppo sanguigno, o il colore degli occhi e dei capelli). Al momento della riproduzione sessuale, i genitori di un nuovo individuo contribuiscono ciascuno alla metà dei geni che costituiscono il Dna della prole, che ne eredita quindi le caratteristiche.

La struttura del Dna è talmente complessa che, salvo il caso dei gemelli omozigoti (che derivano dalla stessa cellula fecondata e che quindi condividono il proprio codice genetico), il Dna di ogni individuo differisce da quello tutti gli altri al punto che l’analisi di una sua porzione conduce alla realizzazione di una impronta univoca (fingerprint genetico).

A partire dagli anni ’80 le tecniche di biologia molecolare sono state utilizzate nelle indagini giudiziarie, permettendo, con l’affinamento delle metodiche, il rapido sviluppo di una branca che oggi prende il nome di “genetica forense”, di grande aiuto nell’analisi delle scene del crimine.

Il Dna è infatti particolarmente resistente ai fenomeni di degradazione fisica e può essere recuperato, anche a distanza di anni, a partire da frammenti insignificanti di qualunque tipo di materiale biologico contenente cellule. Piccole tracce di urine, sangue, scaglie di cute o di capelli, peli, resti ossei e saliva possono essere rinvenute sulle vittime di omicidi ed altri delitti, o nell’ambiente circostante.

Le moderne tecniche di genetica forense permettono di identificare sia l’origine delle tracce biologiche rinvenute (se umane o animale, se si tratta di sangue o altri liquidi biologici), sia di estrarre da esse il Dna.

Tecniche più complesse permettono poi di effettuare, anche da piccolissime quantità di materiale genetico, il così detto “Dna profiling”, realizzando una vera e propria impronta digitale che, se risulta identica a quella di un sospettato, costituisce una prova inconfutabile a suo carico.

17-06-2014 di Spartaco Mencaroni
fonte: Città Nuova

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