Sono tornata a casa ieri sera. Questa notte ho dormito in salotto, sul divano. Ho chiuso la porta a chiave, per impedire a mia nonna di entrare. Ma non è facile dormire in quella stanza, sembra di essere accampati, furtivi, a casa propria. Nonna è peggiorata. La sua malattia sta stravolgendo la quotidianità della mia famiglia. Non dorme, se la fa sotto, nasconde gli oggetti, accusa babbo e mamma di averle rubato i soldi, ogni giorno alle 14.30 scende in cucina, vestita di tutto punto e chiede a babbo di accompagnarla a casa sua.Oggi ho aiutato mamma a lavarla, costringendola, quasi con la forza, ad entrare nella doccia. È estate, fuori, il sole chiama il mare. Ed è qui che sono, a cercare un po' di pace. Ma non ci riesco. Qualcosa mi urla dentro.
Ho preso la penna e il primo foglio che ho trovato in borsa, e ho cominciato a scrivere. a mio marito, e ai miei figli È probabile che raggiunta una certa età, come tra poco tempo, io cominci a fare o a dire cose strane. Perdere le mie cose, dimenticare fatti, non riconoscere subito persone che fanno parte della mia vita da sempre, voi compresi. Forse... c'è già il seme di qualcosa, perché nella mia mente, talvolta, c'è solo il nulla. Dimentico il posto dove ho messo un documento importante, un indirizzo o un oggetto... che so. Comunque, per ora, spero, questa non è che svanitaggine, normale superficialità con cui faccio gesti meccanici che non mi interessano veramente e che preferirei non fare. Succederà, invece, che prima o poi questo nascerà dalla malattia. Scambiare le persone, i luoghi, i fatti della mia vita, confondere voi che amerò con persone che ho amato nel mio passato. Tutto sulla base di sensazioni simili provate, che proverò di nuovo ma senza saper distinguere. Così, guarderò la televisione e mi sembrerà di riconoscere amici di gioventù o conoscenti. Oppure chiamerà qualche vostro amico ed io mi dimenticherò di dirvelo, di scriverlo. Certe volte sarò intrattabile, scontrosa, rabbiosa, cocciuta e bizzosa come una bambina. Vi risponderò male. Vi ferirò. Poi, dopo un po' di tempo, comincerete a trovare le mie cose fuori posto, nascoste nei luoghi più strani e impensati. Ecco, quello sarà il segno. Il segno che sono malata. Diventerò sospettosa, e vi vedrò come nemici. Persone da cui difendermi, persone che vogliono approfittarsi di me e dei miei soldi. Li nasconderò e avrò un fare circospetto che vi offenderà e, per reazione, istintivamente, mi odierete. Sappiate che anche quest'odio è un segno. Il segno che io non sarò più io. Il segno che la moglie, la madre, la nonna che voi conoscevate sta pian piano volando via, lasciando lì, con voi, la parte più umana, fragile e paurosa. Non vi riconoscerò più. E non sarà perché io non vi amo più, ma perché non sono più sana. Sono malata. Capiterà che in attimi sempre più brevi di lucidità io vi chieda scusa, ma non potrò non ricaderci. È la malattia, che mangia le mie cellule celebrali, annullandomi la mente, i ricordi, la vita. Mi rimarrà solo il presente, quello che voi mi aiuterete a vivere, la dignità che saprete darmi. Sì, perché verrà anche il momento in cui sarò inabile. Non sarò più in grado di badare a me stessa. Diventerò simile ad un animale in cattività. Sporca, di tutti i miei escrementi. Puzzolente del mio sudore. Ripugnante. Mi vestirò con gli abiti sbagliati per stagione, non mi cambierò se voi non mi cambiere- te, non mi laverò se voi non mi laverete. Vi farò schifo. Anche questo, sì. E malgrado l'amore che voi mi darete, io cercherò di scappare, fuggire, verso la casa dove sono cresciuta o verso quelle che ho abitato o i luoghi che più avrò amato. Allora, vi prego... non crediate di non essere in grado, non crediate di non riuscire a sopportare, che sia troppo, tutto questo, tutto insieme. Chiedete aiuto, e accettate di sentire questi sentimenti. Solo così troverete la forza di affrontare quel che deve ancora venire. Non crediate che io non senta più. Non crediate che la mia vita sia meno importante perché vissuta in questo stato. Forse non sarò più io, questa che sono ora, ma sarò Qualcuno. Sarò quella fitta che attanaglia le viscere e sconvolge il cuore e la tua mente, le classificazioni, le certezze, la paura stessa. Sarò lo spasimo che purifica. Ma lasciatemi entrare dentro di voi. Non lasciatemi fuori dai vostri gesti, che farete per me. Che in ogni azione ci siate voi, interi, presenti coscienti e... dolenti. Lasciate che vi ferisca. Lasciate che la mia indifferenza vi strazi. Piangete. Sarà la mia ultima lezione di vita. Sarà il mio ultimo dono per voi.
di Tamara Pastorelli