Tra globalizzazione, sostenibilità e personalizzazione delle cure”.
Pensando al titolo mi vengono da dire molte cose che sono successe lungo la mia vita di medico e che, credo, siano importanti.
Da studente mi colpì che la medicina che stavo imparando puntava a risolvere i singoli problemi della salute della persona e contemporaneamente la persona veniva smembrata, lo stomaco non era in relazione con la congiuntiva, la prostata col cervello, la mammella con la cistifellea. E così via.Allora cercavo libri che parlassero dell’uomo come un tutto, un tutto che non so se avrei guarito, però che questi libri almeno mi mostrassero che siamo un’unità mente-corpo e che tutto è correlato.
Mi è sembrato che la psicologia dava un contributo importante, ma anche che si trattava di meccanismi psichici, per cui quando arrivava il momento in cui entra in gioco la volontà della persona il procedimento di cura o di miglioramento si interrompeva.
Ho continuato ugualmente la facoltà e poi mi sono specializzato in medicina generale rurale.
Qui in Argentina i medici rurali (cioè, quelli che vogliamo andare ad esercitare la medicina in un paese piccolo, in un ospedale di bassa complessità, lontano dalle città), ci formiamo specificamente nelle quattro specialità di base (medicina generale, pediatria, ginecologia e chirurgia), ma ci specializziamo anche in altre, le più necessarie per stare in un ospedale rurale.
E così mi sono trasferito da Buenos Aires nella Patagonia Argentina, per formarmi come medico rurale, poi con mia moglie ci siamo trasferiti in un paese all’interno della Patagonia, di 1100 abitanti, con un ospedale di 3º livello di complessità, dove abbiamo vissuto 5 anni.
In quel posto ho vissuto molte cose, però la formazione medica mi ha insegnato l'importanza dei fattori socio-economici e psicosociali del processo salute-malattia. Ancorati alla strategia della Primary Health Care, il lavoro per risolvere i problemi di salute della popolazione produceva risposte che mi hanno molto entusiasmato e mi ha dato molte soddisfazioni.
Per esempio, la programmazione annuale dell’ospedale la facevamo con gli abitanti del paese. Ci radunavamo tutti coloro che lavoravano nell’ospedale (medici, infermieri, impiegati dell’amministrazione, cuochi, inservienti, operatori sanitari, dentista, operai della manutenzione e autisti), insieme agli abitanti del paese che avessero voluto venire a lavorare per un giorno con noi. Durante quel giorno (in marzo) i medici, gli infermieri e gli impiegati dell’amministrazione dell’ospedale, raccontavamo loro quello che avevamo visto che era successo l’anno prima, le condizioni sanitarie del paese e dell’area rurale, i soldi a disposizione, la situazione politica della provincia. In questo contesto poi lavoravamo in gruppi ai diversi aspetti per valutare che cosa conveniva fare nel nuovo anno.
Così decidevamo insieme le priorità per l’anno e ci mettevamo in marcia. Nel mese di luglio, ci riunivamo di nuovo, presentavamo ai dirigenti dell’ospedale i risultati parziali di metà anno e riprogrammavamo l’ultima parte dell’anno.
In dicembre e prima delle vacanze, rivedevamo fra tutti ciò che era avvenuto, e cominciavamo il procedimento di valutazione che si sarebbe fatto conoscere a tutti in marzo dell’anno seguente.
É stato interessante costatare come gli indicatori epidemiologici si siano sistemati da soli e molti problemi di salute pubblica (denutrizione, parti prematuri, ipertensione e obesità) siano incominciati a diminuire. Gli stessi abitanti promuovevano i comportamenti salutari fra compaesani, custodivano l'ospedale come istituzione propria e davano una valutazione del personale sanitario. Così, ci aiutavano a migliorare il nostro lavoro quotidiano e ad impegnarci nelle azioni a favore della salute della popolazione.
Non sono mancati i problemi - ce ne sono da tutte le parti - alcuni difficili da risolvere, come la mancanza di medici o in qualche momento un mal servizio, però i problemi si risolvevano perché c’era un rapporto di base.
Un anno l’Ospedale è stato riconosciuto dal Comune come “l’istituzione dell'anno” nello sport. Infatti, come parte della promozione della salute, era sorta la necessità di incrementare lo sport nel paese, e per questo abbiamo organizzato gite in collina, campionato di calcio nell’ospedale e tornei di pallavolo assieme al Comune, nel nostro paese e in quelli vicini.
Sono avvenute molte cose in quegli anni, perfino la nascita di mia figlia maggiore nell’Ospedale Rurale seguita dal mio collega e da me, però c’è qualcosa che mi sembra importante. Si tratta del dialogo con la cultura del posto. Dagli abitanti del paese, aborigeni o discendenti di aborigeni, abbiamo imparato il valore del dialogo con la natura, la nostra appartenenza alla Creazione, l'importanza di "consegnare la pelle" (la morte) alla natura, perché così completiamo la creazione. Posso dire che sono state molto poche le donne che ho visto partorire preoccupate e non ho visto morire persone senza speranza. La morte fa parte della vita e del nostro contributo alla Creazione.
Poi siamo tornati in città. E lì le cose sono andate diversamente. Da una parte perché ho dovuto incominciare a lavorare con le mutue, pubbliche e private, e dall’altra perché la mia famiglia è cresciuta, realtà che ci ha tenuti occupatissimi per molti anni.
Per quanto riguarda la professione, mi sono reso conto che appartiene alla società dei consumi, ed ha tutti i suoi vizi. Quello che fa guarire il paziente non conviene, perché fa sì che il paziente non torni. L’informazione scientifica è prodotta al 100% dai laboratori farmaceutici ed essi dicono quello che conta o no. Ovviamente importano solo i profitti. I politici sono sottomessi al potere economico, sia dei laboratori, come delle mutue. E perciò, non possono muoversi per restituire alla gente la sua salute.
Parlare di promozione e prevenzione è impossibile. Si fanno delle simulazioni perché tutti vedano che si sta lavorando, e che importa di più prevenire che curare. Però conta solo mantenere ammalato il malato, fomenta la nostra professione e ci procura soldi. La sua salute non importa.
Gli ospedali sono fatti in modo che i poveri non diano fastidio. Lontani da essere custodi della salute pubblica, chi lavora disturba e non conviene al sistema.
Certamente, dietro a tutto questo, ci sono delle persone che lavorano, che cercano di fare il bene per quello che possono a chi hanno vicino, che si impegnano permanentemente e che devono difendersi dai giudizi, sia per mala prassi che di ordine amministrativo.
Non ci si prende cura della famiglia. Noi questo lo affrontiamo e riusciamo a fare qualcosa. Assistere bambini, donne, adulti nel quotidiano, qualsiasi sia il motivo del consulto, è problematico, perché sottrae lavoro ai colleghi specialisti. Anche suggerire di non fare esami medici non necessari, e trattare farmacologicamente il giusto e necessario, non è visto di buon occhio. Tutto ciò che è l'Evidence-Based attira altri problemi a chi tra noi la mette in pratica.
I fattori di rischio si studiano nelle classi sociali più bisognose, non nelle classi medie che sono quelle che danno soldi al sistema.
Per concludere questo punto, fare Prevenzione Quaternaria (cioè non danneggiare di più di quello che rientra negli atti medici), é inutile. L’esempio più attuale sono i nuovi vaccini, che non solo non prevengono, ma alcuni provocano quello che dicono di prevenire.
In tutti questi anni mi è successo qualcosa d’importante. Nel 1999, mia moglie e alcune sue amiche mi hanno incoraggiato a studiare Omeopatia. Una medicina alternativa, utilizzata da varie di loro, e non c'erano medici conosciuti nella zona che la praticassero. Mi sono rifiutato, mi hanno dato materiale da leggere, e solo per amore verso di loro ho deciso di leggere un libretto tra quelli che mi avevano dato.
Mi ha colpito la Legge della Guarigione del Dott. Hering, del secolo XIX. Ho pensato: é legge e guarisce. Sarà possibile o sono menzogne?
Allora, per curiosità, ho cominciato a studiare a Buenos Aires. E posso dire che ho trovato quello che cercavo da studente. Vedere l'uomo come un tutto, capire perché si ammala, come si ammala, e come lo si guarisce. E lo si guarisce.
Dal 2001 circa, esercito anche medicina omeopatica e devo dire che i risultati sono eccellenti. Nonostante sia difficile metterla in pratica, si osserva quotidianamente la realizzazione della guarigione nel corpo e nella mente delle persone. Per citare alcuni casi, ho visto ragazze con Lupus, non solo guarire, ma anche risolvere la loro vita, cioè riuscire a trovare lavoro, fidanzato, sposarsi ed avere figli. E formarsi una famiglia.
Mi è successo di vedere persone col diabete appena diagnosticato, guarite, non sono più diabetiche. E altri problemi di salute, risolti. E ancora. La soluzione personale che il paziente sperimenta nella sua esistenza, potendo passare da un atteggiamento egocentrico individuale a una donazione altruista.
Ora, con altri colleghi medici e non, che lavorano in medicine alternative, però condividono la visione integrale dell'uomo, spiegando in quest’ottica il procedimento salute-malattia, stiamo organizzando un workshop per gli studenti di medicina generale della Facoltà di Medicina dove sono docente. Non pretendiamo di convincerli, ma semplicemente vogliamo mostrare loro che esistono forme più umane, meno interventiste, e più efficaci, per curare le persone. Sono oggetto di studio da anni (l’agopuntura da millenni) e l’umanità odierna gli chiude i battenti.
Il mio obiettivo non è di parlare di dottrina omeopatica, è un tema lungo, però molto interessante dal punto di vista fisico, vitale e mentale, dove entra in gioco il progetto di vita di ognuno di noi. Vorrei però lasciare una porta aperta, per cominciare a capire che i medici, e chi lavora nel campo della salute, abbiamo vari strumenti in più per far recuperare la salute alle persone che giornalmente cerchiamo di curare. Ogni comprensione del processo salute-malattia, sempre, deve avere una forte comprensione comunitaria.
Pablo Gabriel Troncoso
• Specialista Medicina Generale
• Professore di Salute Primaria - Facoltà di Scienze Mediche dell'Università Nazionale di Comahue - Argentina
• Medico omeopata
Marzo 2013