Qualche riflessione sulla strada che porta all'immunità di gregge, tra pressioni delle categorie ed egoismi individuali. Fra non sempre razionali timori e molto più concrete speranze,
lo sforzo epocale della vaccinazione di massa va avanti; la strada è accidentata per le frammentazioni della gestione regionale, che non sempre brilla per funzionalità.
Molti ritengono che una campagna tanto importante avrebbe dovuto essere affidata interamente allo Stato: il modo migliore per assicurare quel “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” che è, secondo la nostra Costituzione, la salute. Ma di queste parole, di cui all’articolo 32, ce ne dimentichiamo un po’ tutti.
Ce ne scordiamo quando, alle prese con il calcolo del rischio, pretendiamo l’immunità di gregge, ma senza far parte delle pecore.
Quando i gruppi, le lobby e le associazioni di categoria sono in gara per portare in cima alla lista le proprie priorità e la loro voce copre quella delle persone ai margini.
Quando cerchiamo cavilli per rientrare nelle categorie fragili da vaccinare prima.
Quando pretendiamo che il peso delle chiusure ricada solo sui servizi che a noi non interessano direttamente.
La sanità pubblica e la lotta alla pandemia ci aiutano ad allargare la prospettiva di una visione individuale della salute: capiamo bene che nessun contagio si previene da solo.
E, parafrasando, è proprio il caso di riperselo, ogni tanto: la mia sicurezza finisce dove manca il contributo di tutti.