alla professionalità medica durante il corso di laurea. La visione della professione medica come “arte” da insegnare porta alla trasmissione dell’esperienza e non soltanto delle nozioni tecniche, che non possono bastare ad affrontare il rapporto con il malato in tutta la sua complessità.
Il problema che il malato vero non è uguale a ciò che studiamo nei libri è in effetti una realtà che negli anni dell’università ci viene presentata continuamente, ma senza proporci gli strumenti per affrontarla.
Nel testo originale del giuramento di Ippocrate si trova una frase significativa: «Giuro di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno, e che considererò come fratelli e insegnerò quest’arte se essi desiderano apprenderla».
Colpisce l’attualità di queste antiche parole che ci portano ad immaginare il medico in stretto rapporto con la capacità di relazione e di trasmissione della propria esperienza, dove il maestro è tale nel momento in cui sa insegnare un metodo e uno stile.
È questo il tipo di formazione in grado di rendere completa la figura del medico che sa fondere le proprie competenze scientifiche e le risorse umane in una professionalità capace di rispondere alla totalità delle esigenze del paziente.
Nel percorso formativo che oggi ci viene proposto la figura del maestro non è contemplata, e se qualcuno in parte la incarna questo viene considerato tutt’al più come un aspetto positivo del carattere, ma estraneo al contesto professionale. Eppure è esperienza comune quanto il carisma di un docente e il suo modo di rapportarsi con il paziente influiscano nel suscitare l’interesse e l’impegno degli studenti nei confronti della materia, e di come spesso il rapporto particolare che si crea con un professore sia determinante nella scelta del campo professionale.
Ma la nostra formazione è anche una nostra responsabilità, e non ci si può soltanto lamentare delle carenze dei programmi universitari. Sentiamo che lo studio è, esattamente come l’aggiornamento continuo, un dovere professionale che non può essere esaurito dal semplice nozionismo o dal limitarsi all’apprendimento necessario a superare gli esami. Sta anche a noi impegnarsi per trovare gli strumenti adatti, dove mancanti, per formarci come medici completi dal punto di visto tecnico e relazionale.
Compiere già negli anni dell’università scelte di correttezza nei rapporti con i colleghi evitando facili scorciatoie, abituarsi ad un atteggiamento di collaborazione e condivisione non è facile, ma ci forma ad un’etica che si ripercuoterà profondamente nel nostro stile lavorativo, premessa irrinunciabile per quella professionalità che desideriamo.
Ne è un esempio l’idea di alcuni studenti di un’università italiana che fin dai primi anni della loro formazione hanno deciso di riunirsi periodicamente per confrontare i propri appunti di lezione e scrivere insieme delle dispense sulle quali studiare. Dopo aver visto che il sistema funzionava benissimo e permetteva di dare gli esami con maggior profitto e in minor tempo, hanno deciso di mettere a disposizione di tutti i colleghi il materiale prodotto. L’iniziativa ha anche attirato l’attenzione di una copisteria della città, che ha messo in vendita alcune dispense al solo prezzo di costo, destinando su richiesta degli autori una parte del ricavato per il sostegno di azioni umanitarie.
Questo smentisce la cultura dominante negli ambienti che frequentiamo, che ci fa credere di poter fare più strada e diventare medici più bravi cercando di accaparrare le migliori occasioni a scapito degli altri.
Tale aspetto culturale è sostenuto anche dal proliferare di sceneggiati e fiction televisive che propongono un modello di medico distaccato e cinico, incapace di relazionarsi profondamente con il paziente e con i colleghi, e proprio per questo sempre vincente. In tutto questo l’obiettivo primario dell’agire medico diventa vincere sulla malattia. Il successo e il riconoscimento personale vengono prima di ogni scelta etica e a volte persino del rispetto per il malato.
Come medici di domani crediamo in uno stile diverso, che ha al centro il paziente in tutte le sue dimensioni, che non prescinde dal confronto con l’etica anche quando diventa scomodo, dove la capacità di cooperare e lavorare insieme diventa un aspetto costitutivo della professionalità.
Pensiamo che questi aspetti debbano diventare sempre più indicatori della qualità e dell’efficienza delle prestazioni sanitarie, divenendo parte essenziale del patrimonio culturale e scientifico.
Questo però non può nascere soltanto dall’impegno personale e isolato di pochi, e nemmeno dal colmare le lacune del processo formativo arricchendolo di nuovi contenuti, ma è necessario diffondere un concetto nuovo di professionalità.
Per ottenere questo pensiamo che la strada da percorre sia quella della condivisione e dell’unità di intento fra generazioni, parte di quella cultura nuova che oggi appare così necessaria per rispondere efficacemente ai cambiamenti e alle sfide che la società ci propone.
di MARTA IUZZOLINI, LUCIA LUZZI e SPARTACO MENCARONI