Dal giuramento di Ippocrate alla Carta della professionalità medica

Nel corso degli anni la medicina è stata influenzata dai risultati sconvolgenti della ricerca scientifica, che le hanno imposto di ripensare se stessa e misurarsi con orizzonti di possibilità sempre più vasti. Un analogo discorso deve dirsi del mutare di prospettiva che ha coinvolto le riflessioni circa la figura del medico e del paziente, e che hanno portato ad una riconsiderazione della concezione di cura e di pratica medica, introducendo nell’emisfero globale della medicina categorie ad essa prima estranee.
Nel secolo appena trascorso, la medicina ha dovuto indirizzare i suoi sforzi ad elaborare, accanto ai fondamenti “classici” (potremmo dire, ippocratici) della professionalità dell’operatore sanitario, nuovi aspetti del suo ruolo professionale, elaborando così un concetto stesso di professionalità, più ampio che in passato, che – come è già stato accennato – comprende, oltre alle conoscenze tecniche, la capacità di interagire correttamente con il paziente.


La “professione” è la forma con cui l’arte medica si presenta alla società nel suo compito di tendere alla salute del paziente.
Questo aspetto è fondamentale per cogliere proprio la dimensione pubblica della medicina: la professione pubblica dell’impegno a curare i malati costituisce, infatti, una promessa di operare per il bene del paziente in materia di salute che caratterizza in modo essenziale l’arte medica (1).  La professione medica si basa, quindi, su una dichiarazione volontaria del medico che coscientemente e liberamente professa la sua dedizione ad un modo di agire che tende sempre alla salute del paziente (2).
L’essere un “professo” (dal latino professio, che indica un giuramento pubblico di fedeltà) comporta di per sé, quindi, accanto ad una dimensione personale – l’impegno con la propria coscienza – una fondamentale valenza pubblica, un impegno, un patto, stabilito con la comunità. Come nota Edmund Pellegrino, anche se non si presta pubblicamente un tale tipo di giuramento, l’atto vero e proprio di iniziare ad esercitare e di offrirsi come medico, infermiere, fisioterapista... è già di per sé una promessa di dedicarsi alla beneficialità.
Inoltre, come diretta conseguenza della dichiarazione pubblica di impegnarsi per la salute del paziente, i cittadini si attendono che gli operatori sanitari agiscano nei loro migliori interessi. Così, il giuramento pubblico o l’avviamento dell’esercizio professionale medico fissa due nodi essenziali che riguardano esclusivamente coloro che esercitano una professione sanitaria: il primo è la competenza, il secondo è l’uso di questa competenza a vantaggio del paziente. Questo è il duplice patto con il quale gli operatori sanitari si impegnano nei confronti della società e dei singoli pazienti: esso è radicato nella natura della medicina che, da sempre, a prescindere dai cambiamenti sociali, è connotata come servizio all’umanità sofferente.

Sentiamo a tal proposito qualche brano dal giuramento di Ippocrate

- Dal Giuramento di Ippocrate

“Sceglierò il regime per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, e mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministerò a nessuno, neppure se richiesto, alcun farmaco mortale, e non prenderò mai un'iniziativa del genere; e neppure fornirò mai a una donna un mezzo per procurare l'aborto.”

 “Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell' uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi alla mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia, e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione” [...]
“Giuro di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica” (Testo moderno).

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