Etica della ricerca: focus sulla ricerca farmaceutica
Gianluca Conversa
L’argomentodell’etica della ricerca è oltremodo vasto, pertanto abbiamo pensato di cominciare ad occuparci di un tema già di per sé molto complesso: la genesi del farmaco.Spesso nella nostra pratica clinica ci poniamo degli interrogativi: quale tra questi 2 farmaci do al tal paziente, sono certo dell’efficacia di questo farmaco, lo tollererà bene, a parità di costo ci sarà un farmaco più efficace? 

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Ma probabilmente poche volte ci poniamo il problema più alla base:
“qual è il criterio con cui viene sperimentata una molecola? Quali sono le molle che spingono un’azienda o un ricercatore a studiare un farmaco per una data malattia? Quali sono le priorità? “
E ancora: “quali sono (e se vi sono!) i principi etici che guidano la ricerca del farmaco? Sono sempre rispettati? Il paziente che ruolo riveste all’interno della ricerca medica?”


E poi: noi basiamo le nostre attuali conoscenze mediche principalmente (non solo) sull’evidence based medicine… ma siamo sempre sicuri che il dato scientifico che viene descritto sia completamente affidabile? Siamo sempre sicuri che il risultato sia esente da bias o sia stato in qualche modo pilotato, più o meno consapevolmente, dal ricercatore o dall’azienda? E se in qualche caso ciò è avvenuto, rischiamo di affidarci a studi non affidabili nell’esercizio della nostra pratica medica? In altre parole: ci fidiamo ciecamente di ciò che viene dalla letteratura medica? Come possiamo fare per assicurarci che gli studi sul farmaco abbiano un filo guida comune, l’etica, che permetta di contribuire alla conoscenza scientifica e che abbia come obiettivo finale il benessere dell’uomo?

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Nascita della ricerca farmaceutica
Fin dall’antichità l’uomo ha cercato di comprendere le proprietà di sostanze e prodotti naturali ricercandone gli effetti curativi. Dopo secoli di tentativi, spesso accompagnati da un alone di leggende e superstizioni, il metodo scientifico applicato alla farmacologia ha cominciato a muovere i suoi primi passi nel 1600, quando alcuni scienziati hanno iniziato a sperimentare farmaci sugli animali ed effettuano i primi studi clinici controllati, come quello di James Lind, che riesce a dimostrare l’effetto benefico degli agrumi nei pazienti affetti da scorbuto. Agli inizi del XIX secolo William Thomas Green Morton, dentista di Boston, inventa l'anestesia generale. Morton scopre che l'etere fa cadere il paziente in uno stato di sonno profondo, che consente al chirurgo di operare senza provocare dolore. Nel 1817, un farmacista di Hannover, Friedrich Serturner isola e identifica per la prima volta la morfina. Circa 10 anni dopo viene sintetizzata in laboratorio la prima molecola organica e questo evento segna la nascita della moderna farmacologia e delle industrie farmaceutiche.
Nascita dei primi enti regolatori
Con l'inizio del XX secolo, diventa sempre più chiara la necessità di istituire organismi di controllo sia per lottare contro i prodotti pericolosi o inefficaci, sia per sottoporre a verifica tutte le specialità farmaceutiche che l'industria comincia a produrre e mettere in commercio, fino a quel tempo, senza un controllo ufficiale.
Negli Stati Uniti nasce nel 1906, la Food and Drug Administration (FDA), l'organismo che ancora oggi regolamenta la messa in vendita di farmaci e alimenti. In Europa, la Francia e la Svizzera sono i primi Stati a darsi una regolamentazione a tal proposito.
Dopo le aberranti sperimentazioni condotte nei campi di concentramento nazisti, la comunità internazionale, per la prima volta nella storia, decise di redigere un documento in cui porre limiti precisi alla sperimentazione sull’uomo. Era il 1947. I massimi esperti a livello mondiale scrissero quello che da allora viene chiamato il Codice di Norimberga. Esso nasce dalle carte del Processo che si è svolto nell'omologa città contro i medici nazisti che hanno perpetrato sperimentazioni nei campi di sterminio. Il Codice traccia una linea di divisione tra sperimentazione lecita e tortura. La sperimentazione lecita avviene quando il soggetto volontariamente dà il proprio consenso ad essere sottoposto ad un esperimento, dopo essere stato informato su:
- Il fine per cui viene effettuato l'esperimento;
- la durata dell'esperimento;
- i limiti che potrebbe avere o quel tipo di terapia;
- le possibili conseguenze a cui potrebbe andare incontro.
Con tale codice si afferma che “il consenso volontario del soggetto è assolutamente necessario”.
Il secondo articolo recita che “L'esperimento dovrà essere tale da fornire risultati utili al bene della società, e non altrimenti ricavabili con altri mezzi o metodi di studio; la natura dell'esperimento non dovrà essere né casuale né senza scopo”. Viene da chiedersi se i nostri esperimenti oggi sono tutti finalizzati al bene della società o ad altri interessi.

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