L’emergenza Covid-19 che stiamo vivendo, ci insegna che beni comuni, beni relazionali e ambiente non sono gestibili con la logica capitalistica.
La scommessa dell’Economy of Francesco (novembre 2020) è innescare un vero e proprio processo di cambiamento.
Emergenza sanitaria. E non solo. La pandemia scopre anche fragilità e criticità del sistema socio-economico dei nostri Paesi. Previsioni, analisi, auspici, dichiarazioni abbondano sui giornali e nei telegiornali. L’emergenza ci tiene in questi giorni lontani, scoprendoci vulnerabili, tutti. Ma nelle crisi recuperiamo parole dimenticate e mai come in questo tempo duro stiamo capendo cosa siano davvero il bene comune e la fraternità.
Osservando la vita dalle nostre case, preoccupati dal contagio e disorientati al pensiero del futuro, abbiamo scoperto prima di tutto che il sistema economico e produttivo è una grande (anche complessa) azione collettiva di cooperazione e che, ce lo ricordava papa Francesco, le nostre vite sono quotidianamente sostenute dal lavoro silenzioso e decisivo di infermieri e medici, cassiere dei supermercati e trasportatori, addetti alle pulizie, ricercatori e tanti altri.
Se il contagio, infatti, ci sta insegnando in maniera dolorosa quanto siamo legati gli uni gli altri, ci sta anche richiamando a quella responsabilità reciproca, al bene legato al vivere sociale delle persone, al senso di appartenenza comune fra cittadini, generazioni e popoli che spinge a guardarci con attenzione e stima. In tempi di pandemia, prima e soprattutto dopo, quando sarà il tempo di ricominciare e di scegliere quale bene custodire e promuovere.
E l’economia, che è governo della casa e della nostra casa comune, ha un ruolo fondamentale in queste scelte. È ormai sempre più chiaro che l’immunità per far fronte ad avversità e crisi sta nella costruzione di comunità solide e vivaci capaci di promuovere relazioni di reciprocità e percorsi di mutuo sostegno fra persone e fra imprese, nei territori e nelle città.
Tracce di questa nuova fiducia collettiva si trovano, in questi giorni ad esempio, nello sforzo di connessione e di intelligenza collettiva fra imprenditori, cittadini e istituzioni per sostenere la riconversione di alcune fabbriche. Mascherine, camici, guanti, calze e occhiali a uso sanitario, ma anche respiratori polmonari e gel disinfettanti. Sono queste ora le priorità che hanno portato alcune aziende alla conversione della loro usuale produzione, cambiando o adattando i macchinari e rivedendo la logistica, condividendo fornitori e accesso alle informazioni. La cooperativa Fantasy della Cittadella internazionale di Loppiano, l’azienda tessile Quid di Verona, la cooperativa sociale Made in Carcere, le cooperative sociali di Benevento, la piattaforma Gioosto, Federsolidarietà, rappresentano, insieme, un esempio di sistema di soggetti che hanno voluto dare un contribuito immediato e concreto al Paese impegnandosi nella produzione e distribuzione di mascherine.
Dunque solidarietà, cooperazione, bene comune. Ma non solo. Il dolore di questo tempo ci ha aperto l’era della fraternità, il principio dimenticato soprattutto dal capitalismo, e che oggi stiamo capendo, vivendo e riscoprendo. Questa crisi sta anche dicendo che l’economia può uccidere, quando mette sé stessa prima della salute delle persone, prima della vita degli anziani e dei più fragili. Eppure la vediamo in questi giorni un’altra economia – fra i numeri del contagio, oltre i decreti del governo – che è l’economia della vita, di tutti e di ciascuno, a cominciare dagli ultimi: fra le corsie degli ospedali, nelle case di cura per anziani, negli istituti per disabili, dove gli operatori sono rimasti per prendersi cura delle fragilità. E ancora nelle comunità di recupero e di accoglienza, nelle carceri, nelle case famiglia, nelle mense e nei dormitori per i senzatetto, dove operatori e volontari si inventano una casa perché anche i loro ospiti possano dire #iorestoacasa.
Icona della fraternità che si fa prossima e che mentre abbraccia e accoglie, si prende cura del fratello e custodisce la vita è il bacio di Francesco al lebbroso. Un episodio non rappresentato nel ciclo delle storie di San Francesco in Basilica Superiore, perché – come ci aiuta a riflettere l’economista Luigino Bruni – «la prima povertà di molti poveri è il non essere visti e raccontati; è il capitale narrativo uno dei primi capitali essenziali di cui sono gravemente privati».
Ma anche l’economia può essere fraterna se sa partire da e arrivare agli ultimi. Se sa accogliere istanze e voci, ma anche soluzioni e proposte perché l’economia possa essere capace di «coinvolgere le persone che sono tagliate fuori da tutto», come dice Samer, giovane imprenditore che ha creato una piattaforma digitale per il lavoro senza barriere in Libano. Una fraternità quella di Francesco partita dai poveri, ma che sappiamo aver raggiunto e incluso gli elementi della natura, il mondo intero e le sue creature.
Attento ai più poveri e abbandonati, Francesco è l’esempio per eccellenza anche di una ecologia integrale in cui la giustizia verso gli ultimi è inseparabile dalla salvaguardia del creato. La fraternità cosmica può rinascere oggi da una nuova relazione con l’ambiente dove l’uomo sa che tutto è intimamente connesso, dove si sente non padrone e consumatore ma custode e responsabile della casa che abita.
Il XXI secolo sta mostrando chiaramente che i beni comuni, i beni relazionali e l’ambiente non sono gestibili con la logica capitalistica, e se non cambiamo presto non faremo altro che distruggerli. Siamo convinti dunque che l’Economy of Francesco – l’incontro internazionale dei giovani economisti e imprenditori con papa Francesco, inizialmente previsto a marzo e rimandato a novembre 2020 a causa della pandemia – non sia semplicemente un evento, ma un processo di cambiamento già iniziato, che offre ai giovani l’opportunità di trovare un rapporto integrale con l’oikos, la casa comune.
Una nuova ecologia è possibile solo insieme a una economia nuova. Se la casa è una sola, non è né concepibile né realizzabile una ecologia integrale senza una economia integrale. Mai come oggi abbiamo bisogno del principio di fraternità umana e universale per ispirare e per orientare nuove teorie e nuove prassi economiche capaci di promuovere la dignità degli ultimi e di proteggere la Terra, di custodire i beni comuni e di “investire” nei beni relazionali.
Ai giovani che si sentono chiamati a costruire un mondo nuovo pensando e praticando una economia diversa, la sfida di mettere in dialogo pensiero e prassi, culture e prospettive. «Il lavoro fatto finora non andrà perso. Insieme continueremo a costruire il futuro», hanno scritto i giovani coordinatori dell’evento in un video messaggio pubblicato nei giorni scorsi. L’Economy of Francesco, a partire dagli oltre 2000 giovani già coinvolti, sta quindi moltiplicando l’impegno, intercettando nuovi temi, voci e sensibilità, organizzando incontri e scambi di idee e pratiche in tutto il mondo. Incontrarsi ad Assisi il prossimo novembre sarà ancora più importante, per noi e per il mondo che ora più di ieri attende una economia diversa.
Maria Gaglione