Convegni
In questa sezione vengono pubblicate tutte le informazione riguardanti congressi, eventi, seminari e altre attività
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per la cura di HIV/AIDS. Un progetto in Africa, basato sulle linee guida dell’UNAIDS. L’HIV/AIDS è un importante problema di salute pubblica nell’Africa subsahariana, dove vive il 63% degli adulti e bambini infettati da HIV o malati di AIDS del mondo. Nella Repubblica democratica del Congo (RDC), 2,5 milioni di persone sono infettate da HIV o sono affette da AIDS.
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a Manila. Bukas Palad Foundation è una ONG senza scopo di lucro (no-profit), fondata nel 1983 per rispondere alle necessità sociali e sanitarie delle fasce più povere della popolazione delle Filippine.La scintilla ispiratrice è stata la visita della fondatrice del Movimento dei Focolari nelle Filippine, nel 1982. Sgomentata dalla povertà di alcune aree della metropoli, Chiara Lubich ha stimolato
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dalla Clinica Sorriso (Igarassu, Brasile)all’Ambulatorio per il bambino adottato e immigrato (Ospedale Meyer - Firenze)La Clinica Sorriso, un ambulatorio con annesso laboratorio clinico, è stata costruita nel 1993 nel comune di Igarassu nel nord-est del Brasile, grazie ad un’azione di solidarietà promossa al mio rientro in Italia
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sviluppo di un modello di partnership secondo l’approccio etnografico tra Paesi a diverso standard assistenziale (Italia-Cameroun)
Il carcinoma cervicale è globalmente il secondo più comune cancro femminile, ma nei Paesi in via di Sviluppo (PVS) presenta la maggiore incidenza e mortalità. Le cause sono dovute a povertà, stile di vita, disiformazione della popolazione sui fattori di rischio, deficit di funzionali servizi medici di referenza, limitato accesso a centri sanitari
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Dalla ricchezza delle esperienze e delle realizzazioni che abbiamo presentato emerge la necessità di trarre alcune linee per la definizione di modelli scientifici che riescano a far coniugare il vissuto con le linee teoriche e, viceversa, a tradurre quanto deriva dalle elaborazioni culturali nella prassi medica.
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1° Congresso nazionale
sulla disabilità intellettiva: tra scienza e amore
La sfida del carisma Guanelliano
Roma 2011
6 ottobre CAMPIDOGLIO Sala Protomoteca
7 ottobre REGIONE LAZIO Sala Mechelli
8 ottobre OPERA DON GUANELLA Sala del Chiodo
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La spiritualità e la salute nella visione integrale dell'essere umano.
Quali valori nella pratica quotidiana?
Brasile - 10 Settembre 2011
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Nello scenario attuale della medicina predomina il rapido sviluppo della tecnologia, l’affermarsi di una medicina basata sull’evidenza, che pone l’attenzione su prove di efficacia, su trial clinici randomizzati condotti su grandi casistiche di pazienti, sul contenimento dei costi.È pensabile che vi sia posto per la dimensione della fraternità?Si potrebbero ipotizzare evidenze scientifiche per questa categoria applicata alla medicina?Forse la risposta dipende dalla chiave di lettura o meglio dal focus d’interesse rispetto agli innumerevoli studi che vengono continuamente pubblicati.
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La fratellanza è storicamente una caratteristica relazionale che scaturisce dai vincoli del sangue della famiglia. Un uso traslato del termine è molto antico, anche se la documentazione in proposito è molto scarsa. Platone chiama il fratello il connazionale, hemeis dé kài hoi heméteroi, mias metròs pàntes adelphòi phyntes (noi e i nostri, tutti fratelli, perché frutto di una sola madre); Senofonte chiama “fratello” l’amico. Nel primo caso la fratellanza è fondata sugli ampliati vincoli di sangue degli appartenenti ad una nazione, nel secondo caso su quello che, con Goethe, potremmo chiamare “affinità elettiva”.
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Nella letteratura sociologica contemporanea si parla molto dell’individualismo, non più come valorizzazione del singolo con la sua dignità ma nella deviazione egocentrica, come chiusura egoistica sino all’intolleranza. Di conseguenza la solitudine emerge come patologia (la solitudine del cittadino globale di Bauman) che chiede, anche senza parlare, aiuto e cura. Ecco allora che la grande sfida della città oggi è “la scoperta dell’altro” proprio per riscoprire sé, in relazione. Diceva il grande letterato russo Michail Bachtim: “L’uomo non possiede un territorio ‘interno’ sovrano. Egli è integralmente e sempre su una frontiera: guardando dentro di sé, guarda negli occhi altrui e attraverso gli occhi altrui.
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L’esercizio della medicina non consiste soltanto nella messa in pratica dei soli saperi scientifici del solo sapere scientifico, ma nello stesso tempo di un saper essere e di un dover essere che trae le sue fondamenta fondamento dai valori culturali e religiosi propri e universali. Nell’Islam non c’è separazione tra la sfera religiosa e il sapere.Quella che chiamiamo nella sua espressione concisa la medicina araba o ancora la medicina nata dalla medicina del profeta non rende conto della diversità dei suoi rappresentanti. Infatti i medici erano provenienti provenivano da varie religioni, erano musulmani ma anche cristiani, ebrei, zoroastriani. Parlavano lingue diverse, berbero, turco, siriaco, persiano, hindi...
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Non ho conosciuto Simona quando anni fa era instancabile, piena di risorse, di simpatia ed era il punto di riferimento per centinaia di persone, in un altro continente. Non ho neanche mai ascoltato la sua voce… Non posso però nascondere che, nonostante ciò, mi sono sentita così voluta bene personalmente, apprezzata, valorizzata. Ancora oggi, a distanza di quasi un anno dalla sua morte, continuo ad avvertire profondamente la ricchezza che questa esperienza ha lasciato dentro di me.
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Nascita e commercializzazione del farmaco
Durante la fase di “sperimentazione clinica” del farmaco, si richiede anche la sua
“registrazione”presso l’Agenzia Italiana del Farmaco(AIFA) o quella Europea(EMEA).
Dopo la registrazione il farmaco può essere immesso in commercio.
(su questo aspetto ci torneremo meglio più avanti).
Intanto due dati sintetici che ci fanno capire meglio cosa comporta “fare ricerca”:
I tempi che intercorrono dalla scoperta della molecola alla registrazione possono
arrivare fino a 10 anni o più.
I costi di tutta la ricerca si aggirano intorno al miliardo di euro.
Ci rendiamo conto allora come per un Azienda Farmaceutica investire in ricerca è
veramente molto oneroso.
Abbiamo visto che il farmaco è già registrato ma non è necessariamente disponibile per
il pubblico.
Questo perché è l’Azienda Farmaceutica che decide il momento della
commercializzazione.
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All’inizio di quest’anno è stato pubblicato il mio libro dal titolo “Soul Matters: the spiritual dimension within healthcare.”
Il motivo di un tale libro? Sono un GP (General Practitioner o Family Doctor) che vuole dire “medico di famiglia” in Gran Bretagna. Ci prendiamo cura delle persone dal grembo materno fino alla morte. Da noi, la maggior parte della gente viene curata nella comunità. Pochi vedono uno specialista – pochi vanno in ospedale – almeno questa sarebbe l’idea. Curiamo le malattie, ma cerchiamo anche di prevenirle. Qualche volta succede che devo andare a trovare qualcuno a casa per via in genere della gravità della malattia o della poca mobilità del paziente. Questo il caso di Molly – almeno così la chiamo nel libro – affetta da artrite reumatoide con la tipica deformazione delle mani. Aveva subito tre ictus cerebrali che l’avevano lasciata paralizzata da un lato. Ciò che mi colpiva in lei però non era la presentazione tipica di un caso di artrite reumatoide o di un ictus, ma la sua serenità davanti alla “tragedia” del disfacimento del suo corpo. Il caso di Molly mi ha fatto riflettere e mi sono chiesta se io sarei stata capace di affrontare la malattia come lei. E mi sono domandata , “quali risorse interiori usano i pazienti per affrontare le malattie?”. Molly è solo un esempio di paziente. Ho fatto allora uno studio qualitativo per un Master's degree facendo la ricerca in questo campo e da lì, anni dopo, è uscito il libro.
Ma che cosa ha da fare la vita interiore con la medicina? Dalla mia esperienza assistendo i malati di vario tipo (chi con una fede religiosa, chi senza) ho visto che c’è spesso tra esse un legame stretto. Virginia Woolf era una grande scrittrice inglese. Soffriva di una forte depressione. Lei si chiede perché la malattia che suscita un “mutamento spirituale”, non viene considerato insieme “all’amore, all’invidia e alla guerra” come uno dei grandi temi della letteratura.
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Dal giuramento di Ippocrate alla Carta della professionalità medica
Nel corso degli anni la medicina è stata influenzata dai risultati sconvolgenti della ricerca scientifica, che le hanno imposto di ripensare se stessa e misurarsi con orizzonti di possibilità sempre più vasti. Un analogo discorso deve dirsi del mutare di prospettiva che ha coinvolto le riflessioni circa la figura del medico e del paziente, e che hanno portato ad una riconsiderazione della concezione di cura e di pratica medica, introducendo nell’emisfero globale della medicina categorie ad essa prima estranee.
Nel secolo appena trascorso, la medicina ha dovuto indirizzare i suoi sforzi ad elaborare, accanto ai fondamenti “classici” (potremmo dire, ippocratici) della professionalità dell’operatore sanitario, nuovi aspetti del suo ruolo professionale, elaborando così un concetto stesso di professionalità, più ampio che in passato, che – come è già stato accennato – comprende, oltre alle conoscenze tecniche, la capacità di interagire correttamente con il paziente.
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Bisogno di formazione
Nella struttura per anziani non autosufficienti dove lavoro emergeva la difficoltà di noi operatori di farci carico dell’assistenza degli anziani nella fase terminale, difficoltà che si traduceva spesso con ricoveri ospedalieri impropri negli ultimi giorni di vita.
Pertanto abbiamo sentito la necessità di istituire un percorso formativo che si è concretizzato negli anni 2003-2004 grazie al progetto obiettivo “Accompagnamento alla morte”.
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Mi chiamo Fernanda Morrone e da dodici anni insegno alla Pontificia Università Cattolica di Porto Alegre, in cui studiano circa 30.000 studenti. Sono responsabile del laboratorio di Farmacologia, dove lavorano 25 studenti di dottorato, master e corso di laurea ed anche altri professori. Facciamo ricerche su nuove terapie farmacologiche.
In una cultura contrassegnata dalla competizione e dall’individualismo, cerco d’insegnare agli studenti l’importanza della relazione con il paziente e la collaborazione tra i colleghi.
Perciò, sento che io per prima devo vivere in questa maniera. Ogni giorno quando arrivo all’Università, so che sto andando per ascoltare tutti, senza distinzione, mettendo l’altro prima dei miei interessi personali. Con gli altri professori mi sforzo di condividere le idee ed anche risorse finanziarie e questo modo di fare è contagioso. Nel laboratorio gli studenti realizzano non solo i propri lavori di ricerca, ma ognuno aiuta l'altro nei suoi progetti quando necessario. In questa maniera, gli articoli pubblicati sono frutto di questa realtà collettiva, che non esclude, però, la responsabilità personale d’ognuno.
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fare propria la professionalità. Nei precedenti interventi abbiamo sentito quali sono le aspettative generali dello studente, con uno sguardo particolare a tutto quello che riguarda il suo percorso formativo. Allo stesso modo abbiamo sentito lo stato dell’arte ed i nuovi sviluppi della realtà
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Etica della ricerca: focus sulla ricerca farmaceutica
Gianluca Conversa
L’argomentodell’etica della ricerca è oltremodo vasto, pertanto abbiamo pensato di cominciare ad occuparci di un tema già di per sé molto complesso: la genesi del farmaco.Spesso nella nostra pratica clinica ci poniamo degli interrogativi: quale tra questi 2 farmaci do al tal paziente, sono certo dell’efficacia di questo farmaco, lo tollererà bene, a parità di costo ci sarà un farmaco più efficace?
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Quello della discriminazione basata sul diritto alla salute ed il libero accesso alle cure è uno degli aspetti più imbarazzanti della società moderna. Un' ampia fetta di umanità soffre e muore per cause che sono assolutamente prevedibili e prevenibili, per malattie che la moderna medicina e farmacologia sanno perfettamente come curare. Le cifre di questa ingiustizia sono terrificanti: in base all'ultimo rapporto dell'OMS, nei paesi poveri si muore dieci volte di più che in quelli industrializzati e questo fattore diventa cento se si considera la fascia di età che va da 0 e 10 anni e trecento se si considerano i neonati. Un problema complesso, determinato da una serie di concause che spesso agiscono producendo un drammatico effetto sinergico. Tra queste senza dubbio vanno annoverate le logiche di mercato che gravitano attorno ai farmaci, logiche finalizzate principalmente alla realizzazione di profitti economici privati anche quando questo significa bypassare e spesso calpestare i diritti umani.
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La nascita di un farmaco è un percorso lungo articolato in diverse fasi ciascuna con un obiettivo ben definito. Caratterizzato il target biologico, occorre identificare una molecola da candidare allo sviluppo. Un primo screening di base farmacologico e biochimico consente di isolare da migliaia di molecole 20-30 composti guida, i precursori del farmaco vero e proprio. Una volta determinate le caratteristiche chimiche e fisiche comincia la sperimentazione sugli animali con le prove di tossicità acuta e cronica e, se il composto destinato a diventare farmaco ha mostrato un buon profilo di efficacia e sicurezza, si procede alla sperimentazione sull’uomo (sperimentazione clinica). La sperimentazione clinica è uno straordinario mezzo per definire se sia opportuno rendere il nuovo farmaco disponibile per la popolazione generale; tuttavia, l’importanza della ricerca non può mai giustificare la violazione dei diritti e della dignità dell’uomo. Dopo le aberranti sperimentazioni condotte nei campi di concentramento nazisti la comunità scientifica internazionale si è data regole etiche per la sperimentazione sull’uomo: il codice di Norimberga (1949), con cui si proclama in modo solenne che “il consenso volontario del soggetto è assolutamente necessario”, e la dichiarazione di Helsinki (1964, poi aggiornata nel 2004), che regola i diritti degli esseri umani coinvolti nella sperimentazione dei farmaci.
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STATUS OF ART
Le conquiste della scienza e della tecnologia hanno portato dei mutamenti anche riguardo alle modalità della morte. Se da un lato, mediante apparecchiature e sistemi avanzati, la scienza e la pratica medica possono oggi risolvere situazioni che fino a poco tempo erano insolubili e sono in grado di salvare e curare pazienti una volta destinati a morte certa, dall’altro le stesse tecniche di rianimazione e di sostentamento vitale possono protrarre la vita perfino in situazioni di debolezza estrema, prolungando il processo del morire .
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Quella che viene definita come fase terminale nel decorso clinico di un paziente costituisce forse la sfida più impegnativa e coinvolgente per il medico.
Noi medici siamo “programmati” per guarire, non per accompagnare il paziente alla morte; la morte viene spesso vissuta come una sconfitta, se non come un fallimento professionale.
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Le motivazioni che spingono i malati a richiedere la morte sono varie: il dolore, la depressione, la perdita della speranza, la percezione di aver perso la propria dignità, di non avere il controllo sulla propria vita e la possibilità di decisione, il sentire di essere un peso per gli altri, il bisogno di supporto sociale. La domanda di eutanasia e di suicidio assistito sono “una finestra” su un insieme di preoccupazioni (e di paure) che i malati hanno sul morire, in relazione anche al contesto sanitario in cui si muore.
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L’International Association of Gerontology and Geriatrics qualche tempo fa ha stilato un documento “Statement on End-of Life Care for Old People” che constata come la morte sia sempre più causata da malattie cronico-degenerative che determinano un lungo periodo di vita connotata da fragilità e da disabilità ancor prima della morte.Da qui la preoccupazione di assicurare un’ assistenza migliore e di elaborare più coerenti interventi sociali ed assistenziali per le persone affette da malattie inguaribili.
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"Face-to-face with It”
Così titola un lavoro americano che denuncia la lentezza delle proprie scuole mediche a prevedere per gli studenti delle significative esperienze formative circa il fine vita: la morte si fa notare per la sua assenza, riflettendo una cultura medica che considera la morte come un fallimento. (0) (1)In generale gli studenti non si sentono ben preparati o sostenuti come vorrebbero per il loro primo paziente che muore, comprendendo anche la difficoltà di comunicare una prognosi terminale.